martedì 10 aprile 2012

Capisce che l'unico modo è scomparire davvero.
Esiste un solo modo. Cancellare quello che di buono era in lei e mai più riconquistarlo.
Se per una sola volta desidererà riconquistare quello che aveva sarà preduta.
Perdere, senza ritrovare mai più.
Solo così può funzionare.
Se nasconderà quella roba, quella che è dentro di lei, se la nasconderà soltanto non servirà a nulla.
Deve far sparire, distruggere polverizzare.
Quello che era liquido deve diventare gassoso.
Quello che era solido deve diventare liquido.
Così quello che poteva essere bevuto evaporerà confondendosi tra mille respiri altri. Non i suoi.
Quello che era solido scivolerà lontano, in mille rivoli, lontano.

mercoledì 15 febbraio 2012

note a margine/1

Di nuovo a questa donna viene spesso in mente la frase
'non ce la faccio'.
Vuole di nuovo scomparire. Non morire, scomparire.
Nella vita non è mai riuscita a prendere decisioni definitive, figuriamoci darsi la morte.
Scomparire e come si fa? Perchè quello scomparire che vuole lei non si risolve andando via, cancellando le tracce. Non dimentichiamo niente, quindi come fa?
La vita, a queste cose ha sempre preferito la vita. Ma adesso non riesce a vedere come si fa.
Si lascia andare. Non vorrebbe, fa una grande resistenza sia a guarire che a morire.
Cerca di guarire la sua casa, la sua stanza, le sue cose.

martedì 17 gennaio 2012

oggi, ieri, succede

Di colpo, leggendo una poesia di Grace Paley, mi sono ricordata questa cosa.

(Grace Paley era una vecchia signora quando scriveva queste poesie e non mi meraviglio che parlino troppo spesso di morte e di persone che non ci sono più).

Dunque mi sono ricordata questa cosa. Era un pomeriggio freddo come questo, ma più grigio perchè era Milano.
Ero alla fermata del 24, appena uscita da lavoro e mi chiedevo, guardando i binari del tram, che cosa mi ricordassero quei binari, e la risposta era niente. Perchè a Napoli non ce ne sono più di tram e tutto quello che suscita un ricordo suscitava un ricordo di Napoli.
E allora ho pensato di chiamare mia madre, le ho telefonato, ma lei non rispondeva, e subito il pensiero è andato all'altro numero di telefono, quello che non è di mia madre, ma del mio altro genitore, e prima che mi rendessi conto che non potevo chiamare, perchè era morto, ho provato il tenero fastidio del rimprovero che mi faceva sempre mio padre: che se telefonavo a lui era perchè non avevo trovato mia madre.
Era spesso vero. Ma mi ricordo di quella volta che lo chiamai solo per parlare con lui, e ne rimase così sorpreso. Restammo poco al telefono. Perchè lui, comunque, non aveva molto da dirmi.

sabato 3 dicembre 2011

now

Stanotte ho sognato tuo padre.
Stamattina ripensandoci mi sono resa conto che ho sognato il tuo perchè non sono capace di sognare il mio.

Ho sognato che era in una grande casa con tante stanze una dietro l'altra, come le vecchie case di Napoli, come la casa di Partizia in Piazza del Gesù, ma più grande. Era seduto a una scrivania, un po' invecchiato. Alzandosi dalla sedia ha dato sfogo a un piccolo sospiro di fatica.
Sono stata così contenta di abbracciarlo che il sogno, per l'emozione, mi ha spedito subito in macchina, a parcheggiare con difficoltà in qualche vicolo di periferia, mentre ancora pensavo a quanto mi aveva fatto bene rivederlo e a quanto ero felice che fosse ancora vivo.
In casa c'era tanta gente. La casa era la mia mente, la mia memoria. C'erano tante porte. Era la mia mente.
E una di quelle stanze era vuota, e io la volevo abitare.

venerdì 22 luglio 2011

non torno a casa stasera

E allora diciamo che non ho domande da porre. A nessuno.
Diciamo che non ho da chiedere niente e che - come è vero - nessuno mi chiede niente.
Diciamo che una donna tradisce il suo uomo e che questi non gli dice nulla. diciamo che lei gli dice pure che lui è un pazzo e che è per colpa sua che si sono, infine, lasciati. Diciamo che lei si terrà il bambino, la casa, la ragione, e che lui dovrà prendere una stanza in affitto in un posto nè troppo vicino nè troppo lontano da lei.
Diciamo pure che non so perchè a tutti è concesso di mentire e rubare e falsificare e che tra la mia parola e la loro è la seconda che manda avanti le cose.

martedì 19 luglio 2011

ce la fanno

Vedo cortili con i glicini rampicanti dove ragazze scalze tengono in mano cani di loro proprietà. E piante, molte piante. Che hanno tutte una bella storia. Un nespolo che è alto quanto il nipote più piccolo, un ibiscus che la nonna ha rubato di ritorno da una vacanza a Capalbio, le rose del padre, ancora vivo.
Vedo un lui assente da questi terrazzi, ma presente nello sguardo di queste ragazze. Queste ragazze sanno che lui c'è, non stanno aspettando, non ce ne è bisogno. lui c'è e basta. E sono magre e incantate, hanno studiato su solidi libri di tedesco, hanno viaggiato con zaini leggeri e con scarpe basse. Hanno passato tanto tempo in aeroporto senza paura e si sono costruite una posizione con fatica, ma non con difficoltà. Hanno sofferto per quegli amorazzi estivi, per il ragazzo che ha spezzato loro il cuore quando ancora i cuori venivano spezzati. adesso hanno libri e penne e un ricordo tenero di quello stesso ragazzo che le ha fatte soffrire e che hanno lasciato ormai un secolo fa. Hanno deciso che è arrivato il momento. Hanno regalato al loro uomo una camicia di lino azzurra che a lui non piace per forza, ma che indossa con una tenera infelicità fluttuante sul volto abbronzato. Questi uomini sono allo stesso tempo felici di indossare un indumento che a loro non piace affatto, per il solo fatto che a regalarlo è stata lei. col suo gusto sempre preciso, ma a volte eccessivo, provocatorio. Il lino è a volte provocatorio. Queste ragazze amano toccare il lino più sul corpo dei loro uomini che sul loro stesso corpo. e poi sono sicure, nelle foto guardano dritte davanti a loro e se non lo fanno il naso non sembra cambiare il volto. hanno tavolini di vimini - su quello stesso terrazzo - e sono state felici di giocare a scala quaranta nelle estati della loro adolescenza con le loro zie dinamiche, con i loro cuginetti che non conoscevano le regole. ora, serie, sono su quello stesso terrazzo come adulte e si comportano come tali. innaffiano loro le piante che una volta sembravano già annaffiate, sempre. chiudono loro le finestre, le tapparelle. spazzano in terra - se non c'è una donna che lo fa al posto loro - e se c'è controllano che sia fatto bene. sono andate via di casa e ci ritornano solo dopo, solo qualche volta al mese, se possono.

giovedì 14 luglio 2011

una volta o due, la mattina


Oggi ascoltavo in metro due ragazze parlare. Non era importante quello che dicevano, ma lo dicevano così bene e non c'era nel loro tono di voce nulla che mi facesse pensare alla preoccupazione o a una tensione di qualsiasi tipo. Quella conversazione - di cui appunto non ricordo una parola - mi ha calmato e mi ha fatto sentire una profonda nostalgia. Ho pensato qualche volta nella mia vita adulta come sarebbe stato se fossi stata un'adolescente senza un problema al mondo.
Una coi capelli sottili, le gambe altrettanto sottili, ma un petto robusto, pieno e sano. Ho pensato alla leggerezza e il senso di vuoto, la preoccupazione per le cose futili. Non mi sono accorta che invece ho sognato per tutta la vita di essere una persona che i problemi li risolve, non che non li ha.