mercoledì 4 agosto 2010

Questa città.


Questa è una orrenda città. Anzi, un orrendo paese. Della città ha i numeri. 62.000 abitanti, più o meno. Ma non gli altri numeri. E cioè metropolitane, cinema, teatri. Non c'è nemmeno una libreria. E non si può dire nemmeno che sia il 'mio' paese. Qui non ci sono nata, e nemmeno i miei genitori. Non è il mio paese d'adozione, perché le uniche persone che ancora frequento qui sono miei amici anche loro trasferiti qui dopo aver vissuto per anni da un'altra parte.
E quindi.
Quindi che cos'è questa nostalgia e questa facilità. Nostalgia quando ritorno, ma anche quando sono qui e passeggio senza meta (tanto la meta è la fine del corso principale, quella che da un'altra parte ancora si chiamerebbe 'vasca'). La facilità di stare a casa mia. Non mi importa come mi vesto, se sono truccata o meno, un po' perché non mi piace nessuna delle persone che incontro, un po' perché voglio non piacergli io. Un po' perché spero nemmeno mi vedano e si ricordino di me. Ma si ricordano. E nemmeno so perché.
Quando chiudono i negozi e l'aria tra i palazzi non è più sottile, mi sembra di essere solo io, ma poi mi scopro a essere contenta che il tabaccaio mi saluti per strada. So che è il mio tabaccaio. Non so da quanti anni lo vedo senza conoscerlo. Fa parte dell'arredo urbano, come tanti che non ho mai conosciuto che che ho visto crescere. Come le mie amiche delle elementari che portano i loro bambini dal pediatra che fa studio due piani sotto di me. Sono cresciute, parecchio direi, eppure nemmeno ci salutiamo. Questa è una strana città.