sabato 3 dicembre 2011

now

Stanotte ho sognato tuo padre.
Stamattina ripensandoci mi sono resa conto che ho sognato il tuo perchè non sono capace di sognare il mio.

Ho sognato che era in una grande casa con tante stanze una dietro l'altra, come le vecchie case di Napoli, come la casa di Partizia in Piazza del Gesù, ma più grande. Era seduto a una scrivania, un po' invecchiato. Alzandosi dalla sedia ha dato sfogo a un piccolo sospiro di fatica.
Sono stata così contenta di abbracciarlo che il sogno, per l'emozione, mi ha spedito subito in macchina, a parcheggiare con difficoltà in qualche vicolo di periferia, mentre ancora pensavo a quanto mi aveva fatto bene rivederlo e a quanto ero felice che fosse ancora vivo.
In casa c'era tanta gente. La casa era la mia mente, la mia memoria. C'erano tante porte. Era la mia mente.
E una di quelle stanze era vuota, e io la volevo abitare.

venerdì 22 luglio 2011

non torno a casa stasera

E allora diciamo che non ho domande da porre. A nessuno.
Diciamo che non ho da chiedere niente e che - come è vero - nessuno mi chiede niente.
Diciamo che una donna tradisce il suo uomo e che questi non gli dice nulla. diciamo che lei gli dice pure che lui è un pazzo e che è per colpa sua che si sono, infine, lasciati. Diciamo che lei si terrà il bambino, la casa, la ragione, e che lui dovrà prendere una stanza in affitto in un posto nè troppo vicino nè troppo lontano da lei.
Diciamo pure che non so perchè a tutti è concesso di mentire e rubare e falsificare e che tra la mia parola e la loro è la seconda che manda avanti le cose.

martedì 19 luglio 2011

ce la fanno

Vedo cortili con i glicini rampicanti dove ragazze scalze tengono in mano cani di loro proprietà. E piante, molte piante. Che hanno tutte una bella storia. Un nespolo che è alto quanto il nipote più piccolo, un ibiscus che la nonna ha rubato di ritorno da una vacanza a Capalbio, le rose del padre, ancora vivo.
Vedo un lui assente da questi terrazzi, ma presente nello sguardo di queste ragazze. Queste ragazze sanno che lui c'è, non stanno aspettando, non ce ne è bisogno. lui c'è e basta. E sono magre e incantate, hanno studiato su solidi libri di tedesco, hanno viaggiato con zaini leggeri e con scarpe basse. Hanno passato tanto tempo in aeroporto senza paura e si sono costruite una posizione con fatica, ma non con difficoltà. Hanno sofferto per quegli amorazzi estivi, per il ragazzo che ha spezzato loro il cuore quando ancora i cuori venivano spezzati. adesso hanno libri e penne e un ricordo tenero di quello stesso ragazzo che le ha fatte soffrire e che hanno lasciato ormai un secolo fa. Hanno deciso che è arrivato il momento. Hanno regalato al loro uomo una camicia di lino azzurra che a lui non piace per forza, ma che indossa con una tenera infelicità fluttuante sul volto abbronzato. Questi uomini sono allo stesso tempo felici di indossare un indumento che a loro non piace affatto, per il solo fatto che a regalarlo è stata lei. col suo gusto sempre preciso, ma a volte eccessivo, provocatorio. Il lino è a volte provocatorio. Queste ragazze amano toccare il lino più sul corpo dei loro uomini che sul loro stesso corpo. e poi sono sicure, nelle foto guardano dritte davanti a loro e se non lo fanno il naso non sembra cambiare il volto. hanno tavolini di vimini - su quello stesso terrazzo - e sono state felici di giocare a scala quaranta nelle estati della loro adolescenza con le loro zie dinamiche, con i loro cuginetti che non conoscevano le regole. ora, serie, sono su quello stesso terrazzo come adulte e si comportano come tali. innaffiano loro le piante che una volta sembravano già annaffiate, sempre. chiudono loro le finestre, le tapparelle. spazzano in terra - se non c'è una donna che lo fa al posto loro - e se c'è controllano che sia fatto bene. sono andate via di casa e ci ritornano solo dopo, solo qualche volta al mese, se possono.

giovedì 14 luglio 2011

una volta o due, la mattina


Oggi ascoltavo in metro due ragazze parlare. Non era importante quello che dicevano, ma lo dicevano così bene e non c'era nel loro tono di voce nulla che mi facesse pensare alla preoccupazione o a una tensione di qualsiasi tipo. Quella conversazione - di cui appunto non ricordo una parola - mi ha calmato e mi ha fatto sentire una profonda nostalgia. Ho pensato qualche volta nella mia vita adulta come sarebbe stato se fossi stata un'adolescente senza un problema al mondo.
Una coi capelli sottili, le gambe altrettanto sottili, ma un petto robusto, pieno e sano. Ho pensato alla leggerezza e il senso di vuoto, la preoccupazione per le cose futili. Non mi sono accorta che invece ho sognato per tutta la vita di essere una persona che i problemi li risolve, non che non li ha.

venerdì 3 giugno 2011

viaggio

La donna che sta facendo questo viaggio con sua madre è impaurita.
Una donna castana, esile con un piatto accento nella voce. è vero che col tempo ha cancellato le sue origini.
Una volta ha pensato che voleva scomparire - non morire, solo scomparire.
Lo pensa spesso
voglio scomparire
poi tutto torna come prima
piatti, cene, lavori, vicini di casa, e la chiave nella serratura, sempre la stessa da anni
voglio scomparire almeno un po'
si ripete
ma non scompare, al massimo dorme e le sembra già abbastanza
questa donna non sa se raccontare la sua storia in prima persona o se lasciarsi raccontare da un altro
che forse sa meglio di lei come stanno le cose

mercoledì 1 giugno 2011

Mentre


Sto scrivendo una storia in cui una donna accompagna sua madre in giro per le città che le ricordano il suo viaggio di nozze.
Nella storia questa donna di sessant'anni, solo un po' stanca, si è un po' irrigidita, come se il tempo le avesse impedito, piano piano, di rendersi conto delle cose che le stanno attorno. Cosce nude e bambini non le fanno più effetto. Una volta si infuriava per le minigonne e si inteneriva per i bambini.
ma adesso non più. eppure non è cattiva.

martedì 31 maggio 2011

30/60

Io non ti capisco.
Ma non dovevi annullare la scheda? Mi avevi detto che le tue amiche avevano scritto sulla scheda
Farabutti Ladri
Si
E allora?
E invece alla fine ho votato.
Spero che tu abbia votato almeno...
No ho votato quell'altro

Mi sono infuriata

Coscienza civile Guardare il telegiornale Pensare ai giovani

Ma ne vale la pena di litigare? Dice mia madre accusandomi
Ci siamo sedute a tavola per pranzo
Ho detto sottovoce, per farmi perdonare
scusa mamma è solo, che a me piace parlare
e abbiamo mangiato

in un giorno

Una mia amica ha lasciato il suo fidanzato (o è stata lasciata, ancora non so) e un'altra si è sposata da poco. Entrambe scrivono delle cose bellssime sui loro sentimenti e non riesco a credere di come per entrambe il tono di quello che scrivono sia vivo, pulsante e gioioso.
Dovrei trovare il centro di quello che sta succedendo.

giovedì 14 aprile 2011



Questa sono io vista da Desi mentre facciamo i laboratori di scrittura creativa a La Grande Fabbrica delle Parole.

Il laboratorio è fantastico, i bambini bravissimi!
Mi rendo conto con sempre maggiore consapevolezza di come l'infanzia, come intuì molti anni fa Flannery O'Connor, sia la vera ricchezza di ognuno di noi, il posto dal quale prendiamo sempre quando scriviamo.
Più si diventa grandi più è difficile trovare quel posto. Per alcuni si tratta di una stanza. Per altri di un pozzo profondo. Nel primo sarà difficile entrare, ma poi quando si è dentro il luogo diventa familiare. Per il pozzo è diverso. C'è chi ci entra e non riesce più a uscire. Uno tra questi, mi sembra ora che ci penso, è probabilmente Haruki Murakami. O forse sono io che quando leggo i suoi libri ho la sensazione di entrare nella parte più buia non della sua infanzia, ma della mia. Come se le sue visioni adulte avessero qualcosa a che fare con le mie visioni infantili.

martedì 22 marzo 2011

lettere

qui è arrivata la primavera. anche a milano, ci crederesti?
è tutto un aprire le finestre, un cercare di non percepire la sottile patina di polvere che c'è nell'aria, cercare di cucinare un piatto di pesce che assomigli a quello di casa, dormire e fare del riposo un bagaglio.

questi sono giorni buoni per sentirsi meglio, il clima, la luce, non c'è niente da dire.
la mattina il sole getta una lenza sotto la porta di casa. e con quella mi oriento e vado ad aprirla, perchè la nostra è una porta finestra. arrivo e la lenza diventa un bel fazzoletto tiepido e luminoso, che mi copre la faccia. vado a preparare il caffè con la sensazione che il buio del letto dal quale sono uscita farà fatica ad essere riscaldato e non è una bella sensazione. mi sento sconfitta per un po' fino a che tutta la casa non è piena di luce (abbiamo finestre su tre lati). ma poi mi tocca uscire e quel poco di sole che era entrato viene di nuovo chiuso fuori.

venerdì 25 febbraio 2011

Piccoli piaceri della vita

Oggi Il Fatto quotidiano era arricchito da un inserto di 8 pagine di cultura.
Questa cosa è avvenuta in quasi perfetta concomitanza con la mia permanenza per parecchie ore all'interno della Mondadori. Il motivo al momento è irrilevante.
La sensazione che ho nella Mondadori è di profonda frustrazione. Non riesco a trovare MAI quello che voglio e il motivo è che per la maggior parte delle volte non cerco libri che sono appena usciti. Alla mondadori i libri che sono appena usciti sono sempre in mezzo ai piedi e se cerchi altro devi avere grande pazienza, e comunque non basta. 'In mezzo ai piedi'mi sembra comunque una fastidiosa forma di pubblicità. La sensazione che ho in quel luogo è quella, sono immerersa in una grande pubblicità.
Quello che provo quando leggo -ormai sempre più raramente - le pagine di Repubblica di cultura.
In quelle otto paginette la sensazione più bella è che non fosse pubblicità. Tutto qui.

lunedì 3 gennaio 2011

Viola

Ho capito cosa hanno in comune Caravaggio e il Bill Viola della mostra di ieri al museo di Capodimonte.
Hanno in comune l'arte di ipnotizzarti. Di prendere il tuo sguardo e dire: guarda, è tutto fermo! (e invece qualcosa si muove). Guarda si muove! (e invece è tutto fermo). Viola fa muovere i suoi personaggi di movimenti impercettibili e tu stai lì e capisci quanto è sano un movimento, quanto è espressivo, importante. Caravaggio fa così. Dipinge qualcosa che sta fermo, ma nel momento in cui puoi ben immaginare quello che c'è prima e quello che c'è dopo.
Ho capito quello che hanno in comune. L'occhio si illumina e si sforza a vedere e passano un sacco di minuti divertenti, inquieti e nuovi.
Ti domandi se fai finta che ti piaccia Bill Viola, invece non fai finta.
E' come Caravaggio, ma al contrario.